L’assegno divorzile e la recente reinterpretazione del presupposto della inadeguatezza dei mezzi di un coniuge

La regola di diritto è data dall’art. 5 comma 6 della L. n. 898/70.

Detta norma è stata oggetto di una rilettura interpretativa da parte della Corte di Cassazione a partire dalla sentenza n. 11504/17.

Infatti, mentre la commisurazione della inadeguatezza faceva prima leva sul tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, ora la Suprema Corte (cfr. anche sez. VI, 9/10/2017 n. 23602) parametra l’adeguatezza sulla sussistenza o meno della indipendenza economica del coniuge richiedente l’assegno: “In tema di riconoscimento dell’assegno divorzile, il giudice nella verifica dell’an debeatur deve accertare che la domanda dell’ex coniuge sia fondata sulla mancanza delle condizioni di indipendenza o autosufficienza economica e non sul mantenimento del precedente tenore di vita”.

La complessiva ratio della norma ha il proprio fondamento costituzionale nel dovere inderogabile di “solidarietà economica” (art. 2, in relazione all’art. 23, Cost.), il cui adempimento è richiesto ad entrambi gli ex coniugi, quali “persone singole”, a tutela della “persona” economicamente più debole (cosiddetta “solidarietà post-coniugale”): sta precisamente in questo duplice fondamento costituzionale sia la qualificazione della natura dell’assegno di divorzio come esclusivamente “assistenziale” in favore dell’ex coniuge economicamente più debole, sia la giustificazione della doverosità della sua “prestazione”.

La Suprema Corte ha poi individuato alcuni indici della sussistenza o meno della indipendenza economica: redditi, cespiti, possibilità di lavoro e disponibilità della abitazione, salvo altri che possano essere rilevanti nei singoli casi: “Il Collegio ritiene che i principali “indici” – salvo ovviamente altri elementi, che potranno eventualmente rilevare nelle singole fattispecie – per accertare, nella fase di giudizio sull’an debeatur, la sussistenza, o no, dell’indipendenza economica dell’ex coniuge richiedente l’assegno di divorzio – e, quindi, l’adeguatezza”, o no, dei “mezzi”, nonchè la possibilità, o no “per ragioni oggettive”, dello stesso di procurarseli possono essere così individuati: 1) il possesso   di redditi di qualsiasi specie; 2) il possesso di cespiti patrimoniali mobiliari ed immobiliari, tenuto conto di tutti gli oneri lato sensu “imposti” e del costo della vita nel luogo di residenza (“dimora abituale”: art. 43 c.c., comma 2) della persona che richiede l’assegno; 3) le capacità e le possibilità effettive di lavoro personale, in relazione alla salute, all’età, al sesso ed al mercato del lavoro dipendente o autonomo; 4) la stabile disponibilità di una casa di abitazione”.

Dopo aver accertato secondo questi criteri la sussistenza del diritto all’assegno divorzile in capo al coniuge più debole, la commisurazione dell’assegno andrà poi fatta in relazione agli elementi specificamente indicati nell’art. 5 comma 6 della L. n. 898/70: condizioni dei coniugi, ragione della decisione, contributo di ciascuno alla famiglia e redditi rispettivi anche in rapporto alla durata del matrimonio.

(Studio Legale Associato Bitelli – 12/10/2017)