L’art. 83, comma 2, del d.l. n. 18 del 2020 ha disposto che «dal 9 marzo 2020 al 15 aprile 2020 è sospeso il decorso dei termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti civili e penali. Si intendono pertanto sospesi, per la stessa durata, i termini stabiliti per la fase delle indagini preliminari, per l’adozione di provvedimenti giudiziari e per il deposito della loro motivazione, per la proposizione degli atti introduttivi del giudizio e dei procedimenti esecutivi, per le impugnazioni e, in genere, tutti i termini procedurali».
Mentre il soppresso art. 1, comma 2, del d.l. n. 11 del 2020, semplicemente enunciava che erano «sospesi i termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti indicati al comma 1» – utilizzando la medesima formula prevista dall’art. 1 della legge n. 742 del 1969 – il comma 2 dell’art. 83 del d.l. n. 18 del 2020 precisa ora in maniera opportuna che si intendono sospesi tutti i termini: i) per l’adozione di provvedimenti giudiziari e per il deposito della loro motivazione; ii) per la proposizione degli atti introduttivi del giudizio e dei procedimenti esecutivi; iii) per le impugnazioni e, in genere, tutti i termini procedurali; iv) compresi quelli cd. “a ritroso”.
La sospensione dei termini opera poi per tutti gli atti processuali, compresi quelli necessari per avviare un giudizio di cognizione o esecutivo (atto di citazione o ricorso, ovvero atto di precetto), come per quelli di impugnazione (appello o ricorso per cassazione). Viene così espressamente confermato l’orientamento della S.C. a tenore del quale la nozione di “termine processuale”, secondo un’interpretazione costituzionalmente orientata, essendo espressione di un principio immanente nel nostro ordinamento, non può ritenersi limitata all’ambito del compimento degli atti successivi l’introduzione del processo, dovendo invece estendersi anche ai termini entro i quali lo stesso deve essere instaurato, purché la proposizione della domanda costituisca l’unico rimedio per la tutela del diritto che si assume leso.
Opportunamente, il legislatore urgente del d.l. n. 18 del 2020 ha previsto, al comma 10 dell’art. 83, che del periodo compreso tra il giorno 8 marzo e il 30 giugno, non si tenga conto ai fini dell’equa riparazione di cui all’art. 2 della legge 24 marzo 2001, n. 89 (la cd. legge Pinto) per tutti i procedimenti in cui vi sia stato un rinvio dell’udienza già fissata. In precedenza, invece, il comma 5 dell’art. 2 del d.l. n. 11 del 2020 escludeva dal computo soltanto il periodo intercorso tra una udienza e l’altra, con un limite massimo di tre mesi da conteggiare a partire dal 31 maggio 2020.
Per completezza va ricordato che gli effetti sospensivi valgono anche in relazione ai termini accordati per lo svolgimento di qualunque attività sia nei procedimenti di mediazione previsti dal d.lgs. 4 marzo 2010, n. 28, che nei procedimenti di negoziazione assistita ai sensi del d.l. 12 settembre 2014, n. 132, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 novembre 2014, n. 162, nonché in tutti i procedimenti di risoluzione stragiudiziale delle controversie regolati dalle disposizioni vigenti. Il comma 20 dell’art. 83 prevede peraltro che tale effetto si produca solo «quando i predetti procedimenti siano stati promossi entro il 9 marzo 2020»; come se il legislatore urgente avesse dato per scontato che nessuno promuoverà tali procedimenti dopo la detta data.
Per i termini a ritroso, infine, il comma 2, seconda parte, dell’art. 83, in maniera innovativa stabilisce che quando il detto termine ricade, in tutto o in parte, nel periodo di sospensione, è differita l’udienza o l’attività da cui decorre il termine, in modo da consentirne il pieno rispetto.
La scelta del legislatore si mostra parzialmente diversa rispetto all’opzione ermeneutica fatta propria in passato dalla S.C., che, appunto in tema di sospensione dei termini processuali durante il periodo feriale, aveva affermato che siffatta sospensione comporta semplicemente la sottrazione del medesimo periodo dal relativo computo.
Con la norma in commento, invece, se ad esempio il termine a ritroso (di cinque o dieci giorni) prima dell’udienza pubblica o dell’adunanza camerale, fissato per il deposito delle memorie ex artt. 378 o 380-bis.1 c.p.c., ricade nel periodo di sospensione, dovrà necessariamente disporsi il differimento delle dette udienze o adunanze camerali.
Quanto ai termini di natura sostanziale, va subito ricordato che il d.l. n. 9 del 2020, limitatamente ai soggetti residenti negli undici comuni situati nella cd. “zona rossa”, stabiliva che «il decorso dei termini perentori, legali e convenzionali, sostanziali e processuali, comportanti prescrizioni e decadenze da qualsiasi diritto, azione ed eccezione, nonché dei termini per gli adempimenti contrattuali è sospeso dal 22 febbraio 2020 fino al 31 marzo 2020 e riprende a decorrere dalla fine del periodo di sospensione».
Al contrario, nulla sulla sospensione dei detti termini era scritto nell’ormai abrogato d.l. n. 11 del 2020.
L’art. 83, comma 8, del d.l. n. 18 del 2020 prevede ora espressamente che «per il periodo di efficacia dei provvedimenti di cui ai commi 5 e 6 che precludano la presentazione della domanda giudiziale è sospesa la decorrenza dei termini di prescrizione e decadenza dei diritti che possono essere esercitati esclusivamente mediante il compimento delle attività precluse dai provvedimenti medesimi». La norma in parola, tuttavia, non è affatto perspicua e si presta a qualche considerazione critica.
Invero, a differenza di quanto scritto nel d.l. n. 9 del 2020, il comma 8 dell’art. 83 non dispone seccamente la sospensione ex lege dei termini sostanziali comportanti “prescrizioni e decadenze da qualsiasi diritto”, come sarebbe stato logico, ma in maniera difficilmente comprensibile aggancia la sospensione dei ridetti termini a due condizioni: a) che siano stati adottati i provvedimenti organizzativi che spettano ai capi degli uffici (e solo durante il periodo di loro efficacia); b) che si tratti di diritti che possono essere esercitati esclusivamente mediante il compimento di attività processuali precluse.
Dunque, secondo questa interpretazione letterale, la prescrizione e la decadenza resterebbero sospese, dal 9 marzo fino al 30 giugno, solo a condizione che siano stati assunti provvedimenti organizzatori da parte dei capi degli uffici e per la durata dei detti provvedimenti.
Questa conclusione si scontra però con la generalizzata previsione – contenuta nel comma 2 dell’art. 83 – a tenore del quale sono sospesi tutti i termini processuali compresi quelli necessari per promuovere un giudizio; ed è noto, ad esempio, che le Sezioni Unite della S.C., occupandosi dell’azione revocatoria, hanno affermato che la regola della scissione degli effetti della notificazione per il notificante e per il destinatario, sancita dalla giurisprudenza costituzionale con riguardo agli atti processuali e non a quelli sostanziali, si estende anche agli effetti sostanziali dei primi, ove il diritto – come nel caso della revocatoria appunto – non possa farsi valere se non con un atto processuale. Sicché, in questi casi si è affermato che la prescrizione è interrotta dall’atto di esercizio del diritto, ovvero dalla consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario per la notifica.
Pare allora più persuasivo sostenere che, ferma la sospensione dei termini sostanziali di prescrizione e decadenza nella fase di sospensione ex lege di tutti i termini processuali (dal 9 marzo al 15 aprile), soltanto per il periodo successivo (dal 16 aprile al 30 giugno), la sospensione dei medesimi termini sostanziali potrà essere invocata, da chi ne abbia interesse, in presenza delle condizioni sopra esposte, e cioè quando i capi degli uffici giudiziari abbiano assunto misure organizzative che precludano, appunto, il compimento di quegli atti che necessariamente occorre compiere per interrompere la prescrizione o la decadenza (si pensi appunto all’atto di citazione in revocatoria).
Resta infine da osservare che, come ricordato in precedenza, la sospensione di tutti termini, siano essi processuali o sostanziali, non opera per quelle controversie che rientrano nell’elencazione di cui all’art. 83, comma 3, lett. a), del d.l. n. 18 del 2020.
(Studio Legale Associato Bitelli – 15/04/2020)