La Suprema Corte, in una interessante sentenza (cfr. Cassazione civile sez. I, 10/04/2019, n.10091) ha ribadito che, in tema di concordato preventivo, è opponibile il patto di compensazione stipulato contestualmente al deposito dei titoli acquistati presso la banca ed a garanzia del credito derivante dal finanziamento da questa concesso al debitore ammesso alla procedura se l’accordo stipulato contestualmente al finanziamento attribuiva alla banca il diritto di incamerare le somme riscosse, indipendentemente dal fatto che il debito dell’istituto di credito sia divenuto liquido ed esigibile dopo la domanda di concordato.
La Corte ha infatti ricordato come la giurisprudenza costante di legittimità sia nel senso che in tema di anticipazione su ricevute bancarie regolata in conto corrente, se le relative operazioni siano compiute in epoca antecedente rispetto all’ammissione del correntista alla procedura di amministrazione controllata, è necessario accertare, qualora il fallimento (successivamente dichiarato) del correntista agisca per la restituzione dell’importo delle ricevute incassate dalla banca, se la convenzione relativa all’anticipazione su ricevute regolata in conto contenga una clausola attributiva del diritto di “incamerare” le somme riscosse in favore della banca (c.d. “patto di compensazione” o, secondo altra definizione, patto di annotazione ed elisione nel conto di partite di segno opposto).
Solo in tale ipotesi, difatti, la banca ha diritto a “compensare” il suo debito per il versamento al cliente delle somme riscosse con il proprio credito, verso lo stesso cliente, conseguente ad operazioni regolate nel medesimo conto corrente, a nulla rilevando che detto credito sia anteriore alla ammissione alla procedura concorsuale ed il correlativo debito, invece, posteriore, poiché in siffatta ipotesi non può ritenersi operante il principio della “cristallizzazione dei crediti”, con la conseguenza che né l’imprenditore durante l’amministrazione controllata, né il curatore fallimentare – ove alla prima procedura sia conseguito il fallimento – hanno diritto a che la banca riversi in loro favore le somme riscosse (anziché porle in compensazione con il proprio credito) (Sez. 1, Sentenza n. 7194/1997; Sez. 1, Sentenza n. 2539/1998; Sez. 1, Sentenza n. 17999/2011; Sez. 1, Sentenza n. 8752/2011; Sez. 1, 19/02/2016, n. 3336).
Gli stessi principi sono stati ribaditi in tema di concordato preventivo, osservandosi che “la compensazione determina – a norma del combinato disposto della L. Fall., artt. 56 e 169 – una deroga alla regola del concorso ed è ammessa pure quando i presupposti di liquidità ed esigibilità, ex art. 1243 c.c., maturino dopo la data di presentazione della domanda di ammissione al concordato preventivo, purché il fatto genetico delle rispettive obbligazioni sia sempre anteriore a detta domanda” (Sez. 1, 25/11/2015, n. 24046; Sez. 3, 20/01/2015, n. 825).
(Studio Legale Associato Bitelli – 12/05/2020)