La Corte di Cassazione si è recentemente pronunciata facendo una panoramica generale e approfondita dell’istituto della revocatoria delle rimesse in conto corrente con la sentenza del 09/01/2019 (ud. 12/09/2018, dep. 09/01/2019), n.277.
La data di pubblicazione della pronuncia precede di solo un giorno il Consiglio dei Ministri n. 37 del 10 gennaio 2019 con il quale è stato approvato definitivamente il decreto legislativo che, in attuazione della legge n. 155/2017, introduce il Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza.
L’impianto della revocatoria bancaria risulta comunque sostanzialmente immutato dalla recente riforma e risultano quindi ancora di attualità e interesse gli orientamenti di cui alla pronuncia citata:
“In tema di azione revocatoria fallimentare, il R.D. n. 267 del 1942, art. 67, comma 2, lett. b) (nel testo modificato dal d.l. n. 35/2005, convertito, con modificazioni, nella L. n. 80 del 2005), prescinde dalla natura solutoria o ripristinatoria della rimessa e quindi dal fatto che la stessa afferisca a un conto scoperto o solo passivo, ma impone al giudice del merito di accertare la revocabilità della rimessa stessa avendo riguardo, oltre che alla consistenza, alla durevolezza di essa: accertamento che non può essere surrogato dalla semplice quantificazione della differenza tra l’ammontare massimo raggiunto dalle pretese della banca nel periodo per il quale è provata la conoscenza dello stato di insolvenza e l’ammontare residuo delle stesse alla data in cui si è aperto il concorso, come previsto dal successivo art. 70, comma 3 (nel testo novellato dal cit. D.L. n. 35 del 2005 e modificato, da ultimo, dalla L. n. 169 del 2008), giacchè quest’ultima disposizione indica solo il limite massimo dell’importo che il convenuto in revocatoria può essere tenuto a restituire.
In tema di azione revocatoria fallimentare, le rimesse effettuate dal terzo sul conto corrente dell’imprenditore, poi fallito, non sono revocabili quando risulti che il relativo pagamento non sia stato eseguito con danaro del fallito e che il terzo, utilizzatore di somme proprie, non abbia proposto azione di rivalsa verso l’imprenditore prima della dichiarazione di fallimento, nè che abbia così adempiuto un’obbligazione relativa ad un debito proprio.
In tema di revocatoria delle rimesse in conto corrente bancario effettuate da un imprenditore poi dichiarato fallito, nel caso di plurime operazioni di segno opposto nella stessa giornata in cui appaia uno scoperto di conto, il fallimento che chieda la revoca di rimesse aventi carattere solutorio in relazione al saldo infragiornaliero e non al saldo della giornata, ha l’onere di dimostrare l’esistenza di atti aventi carattere solutorio e, dunque, la cronologia dei singoli movimenti, cronologia che non può essere desunta dall’ordine delle operazioni risultante dall’estratto conto ovvero dalla scheda di registrazione contabile, in quanto tale ordine non corrisponde necessariamente alla realtà e sconta i diversi momenti in cui, secondo le tipologie delle operazioni, vengono effettuate le registrazioni sul conto, sicchè in mancanza di tale prova devono intendersi effettuati prima gli accrediti e poi gli addebiti”.
(Studio Legale Associato Bitelli – 15/06/2019)