La Corte di Cassazione (cfr. Cassazione civile sez. III, 28/06/2019, n.17447), esaminando un finanziamento concesso tramite una locazione finanziaria, ha ribadito che gli interessi convenzionali di mora non sfuggono alla regola generale per cui, se pattuiti ad un tasso eccedente quello stabilito dalla L. 7 marzo 1996, n. 108, art. 2, comma 4, vanno qualificati “ipso iure” come usurari, ma ha pure confermato che in prospettiva del confronto con il tasso soglia antiusura non è corretto sommare interessi corrispettivi ed interessi moratori.
Alla base di tale conclusione vi è la constatazione che i due tassi sono alternativi tra loro: se il debitore è in termini deve corrispondere gli interessi corrispettivi, quando è in ritardo qualificato dalla mora, al posto degli interessi corrispettivi deve pagare quelli moratori.
Di qui la conclusione che i tassi non si possano sommare semplicemente perché si riferiscono a basi di calcolo diverse: il tasso corrispettivo si calcola sul capitale residuo, il tasso di mora si calcola sulla rata scaduta; ciò vale anche là dove sia stato predisposto un piano di ammortamento, a mente del quale la formazione delle varie rate, nella misura composita predeterminata di capitale ed interessi, attiene ad una modalità dell’adempimento delle obbligazioni gravante sul cliente di restituire la somma capitale aumentata degli interessi, trattandosi di una pattuizione che ha il solo scopo di scaglionare nel tempo le due distinte obbligazioni.
Inoltre, preso atto della ricorrenza di un doppio tasso, uno attuale, quello corrispettivo, ed uno sospensivamente condizionato al ritardo e da esso decorrente, quello moratorio, ove gli interessi moratori sono determinati ad un tasso sopra soglia, la relativa clausola è da ritenersi invalida, senza che possa pretendersi una trasformazione forzosa del contratto, a vantaggio dell’inadempiente, da oneroso a gratuito.
(Studio Legale Associato Bitelli – 9/10/2019)