Risolvendo una quaestio processuale spesso oggetto di contenziosi, la Suprema Corte ha definitivamente statuito che l’impugnazione, ai sensi dell’art. 702 quater c.p.c., avverso l’ordinanza che definisce il processo sommario di cognizione introdotto con il ricorso ex art. 702 bis c.p.c., deve essere proposta con atto di citazione e non con ricorso (nel termine perentorio di trenta giorni dalla comunicazione da parte della cancelleria ovvero dalla notificazione).
Ciò è di estrema rilevanza per non incorrere in inammissibilità del gravame.
L’art. 702 quater c.p.c. disciplina infatti un mezzo di impugnazione che ha natura di appello (e non di reclamo cautelare), la cui mancata proposizione comporta il passaggio in giudicato dell’ordinanza emessa ex art. 702 bis c.p.c., prefigurando – come insegna la Corte di Cassazione – un procedimento con pienezza sia di cognizione (come in primo grado) che di istruttoria (a differenza del primo grado, ove è semplificata), analogo a quello disciplinato dall’art. 345, comma 2 c.p.c.
Peraltro tale principio costituisce un corollario nell’ambito della sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (cfr. sentenza n. 2907 del 2014), per cui trova sempre applicazione, in assenza di una specifica previsione normativa per il giudizio di secondo grado, la disciplina ordinaria di cui all’art. 339 c.p.c.e segg.
Una volta introdotto il regime dell’appellabilità, in assenza di espresse indicazioni da parte del Legislatore, non può farsi riferimento altro che alle regole dell’ordinario giudizio di cognizione, potendo il principio della ultrattività del rito operare solo nei casi di esplicita previsione normativa.
(Avv. Barbara Bitelli – 20/12/2015)