La Corte di Cassazione, ritornando su un tema ancora controverso, in una recente sentenza (cfr. sez. I, 13/09/2017, n. 21213) ha ribadito come nel contratto di leasing, che rientra nel novero dei contratti pendenti al momento della dichiarazione di fallimento e che restano sospesi ex art. 72 comma 1 L.F., la determinazione del credito del concedente – qualora il curatore opti per lo scioglimento – sia regolata dall’art. 72 quater, commi 2 e 3 L.F.
Detta norma, ai fini endoconcorsuali, non tiene più conto della distinzione tra il leasing traslativo e il leasing di godimento, introducendo una disciplina unitaria, improntata alla causa del contratto di finanziamento.
Il credito vantato dal concedente si specifica in due segmenti. Il primo relativo ad una somma certa e determinata già alla data della dichiarazione di fallimento (rappresentato dai canoni scaduti e non pagati) ed il secondo relativo ad una somma indeterminata, variabile e dipendente dalla reazione del mercato alla nuova allocazione del bene (rappresentato dalla differenza tra il valore residuo del bene alla data di fallimento e quanto incassato, che può essere anche negativa).
Appare, quindi, evidente che – per il primo segmento di credito – il concedente è legittimato ad insinuarsi ordinariamente al passivo e ad essere soddisfatto in sede fallimentare, indipendentemente dalla vendita o altra allocazione del bene in leasing, mentre l’ulteriore ed eventuale segmento di credito potrà essere insinuato solo “a latere” della collocazione stessa, da cui strettamente dipende.
Ciò significa che, in caso di scioglimento del contratto ad opera del curatore fallimentare, il concedente, per i crediti scaduti, insinuandosi al passivo in sede di verifica dei crediti, può soddisfarsi in sede fallimentare, in quanto il credito è sorto anteriormente al concorso e detti crediti andranno pacificamente ammessi, al lordo degli interessi di mora, alla data della dichiarazione di fallimento. Per i canoni a scadere, invece, il creditore ha soltanto diritto alla restituzione del bene, oltre al diritto eventuale (per il quale vi è incertezza sul se verrà ad esistenza e su quale eventualmente sarà il preciso ammontare) di insinuarsi nello stato passivo, in via tardiva, per la differenza fra il credito vantato alla data del fallimento e quanto ricavato, o meglio la minore somma ricavata rispetto a detto credito dalla nuova allocazione del bene.
(Studio Legale Associato Bitelli – 04/10/2017)